Me lo ricordo come se fosse ieri. Eppure è successo almeno tre anni fa. Camminavo per strada assorto nei miei pensieri. Chissà a cosa pensavo su quel tratto di via, fissando i disegni che i sampietrini formano ad intervalli regolari, i mozziconi di sigaretta pestati e ripestati, i tombini sotto i quali sentivo l’eco dei miei passi. Camminavo svogliato, alzando di tanto in tanto lo sguardo per non andare a sbattere contro qualcosa o contro qualcuno. Incrociavo tante persone, tanti volti ignoti nell’oceano di facce che riempiono una strada affollata. Alzai per pochi decimi di secondo lo sguardo, solo un attimo per schivare l’ennesimo pedone.
E vidi lei.
Non mi ricordo come fosse vestita, non riesco a ritrovare nella mia testa il colore dei suoi capelli o la fisionomia del suo volto. Mi limitai a afferrare lo sguardo. Ci fissammo negli occhi. Per una frazione di tempo brevissima. Millesimale. E fu come osservare un’esplosione atomica dall’oblò di un’astronave.
Vidi tutta la sua vita in quello sguardo. Vidi la sua anima. Le pupille si muovevano e brillavano come le scintille del fuoco estivo che si accende nei campeggi nelle sere più buie attorno al quale si raccontano storie di paura e si creano avventure d’amore. Quel fuoco che scalda, che scoppietta, che ci fa sentire al sicuro, riparati, amati, ma che al contempo ci esalta, ci dà la voglia di cantare una canzone o di ballare intorno ad esso. Queste scintille di fiamma viva erano circondate da un oceano calmo, pacifico, rilassato, un oceano di un colore indescrivibile, fatto da mille sfumature di azzurro, di acquamarina e di verde. Un oceano in cui vorresti naufragare, sprofondare, annegare inghiottito dai profondi e silenziosi abissi. Un mare di calma e tranquillità, un posto perfetto dove riposarsi, giacere e morire.
Ma non fu la bellezza fisica (che già faceva la sua parte) a colpirmi. Bensì tutto quello che si poteva leggere in quelle due minuscole fessure. Si poteva vedere il suo animo, tutto per intero come se l’avessero passato ai raggi x. Si poteva intravedere la purezza delle emozioni che con timidezza ed umiltà portava in grembo, nascoste (ma non troppo) a noi comuni mortali. Quegli occhi erano specchio di una vita intera, una vita vissuta come se ne vivono poche, di una vita vissuta senza perderne nemmeno una frazione di secondo. E si potevano scorgere mille e mille emotività, sentimenti, gioie, momenti felici, esperienze, avventure. Solo con quegli occhi avrei potuto dialogare per ore nel silenzio più assordante, leggerne le mille sfumature, le tante cose che avevano da raccontarmi. Quello sguardo limpido, acqua e sapone, era per me come un libro aperto, come un romanzo fantasy del quale vuoi divorare pagina per pagina e anche se l’ora è tarda e domani lavori, ti concedi un altro paragrafo e poi un altro e un altro ancora. In quegli occhi si vedeva la gioia di vivere, l’attaccamento alla vita, la voglia di lottare, combattere, la determinazione, il coraggio. Ma in quegli occhi si poteva scorgere anche il timore, la paura, l’angoscia che solo chi ha capito il valore delle cose che ci circondano possiede. Chi ha capito il vero senso dell’esistenza, chi ha trovato un motivo per vivere, una ragione di vita e che ha paura di perdere tutto, l’intero universo. In quegli occhi vidi poi anche la bellezza, la semplicità e il fascino che circonda essa. La bellezza pura di una ragazza poco più che ventenne che non va cercata nella sinuosità delle sue curve ma bensì nei ghirigori della sua anima. La bellezza che ti fa domandare se c’è un progetto dietro a tutto ciò, se c’è un architetto, se c’è un motivo. Vidi anche l’orgoglio, la tenacia, l’amore e il desiderio. Tante emozioni, tanti sentimenti, tante sfumature. E vidi tutto come se fosse un film intero. E tutto questo in due occhi. E tutto questo in un millesimo di secondo.
Ma fu solo uno sguardo. E quella ragazza mi passò accanto e si immerse nuovamente nel marasma umano che mi circondava.
Non mi voltai.
E non la vidi mai più.