Ore 17,35.
Vagavo a zonzo senza una meta, il cielo bigio sopra di me cominciava ad imbrunire e i pigri lampioni iniziavano a scaldarsi in previsione della lunga e fredda notte. Ero disperso per le vie della città, come lo si è tra i cunicoli di un labirinto, come lo si è in una giungla fatta di vetrine, di neon sfarfallanti, una giungla fatta di bar e locali da cui esce il brusio sommesso della gente, parole, risate, dibattiti che come fumo salgono e si dissipano nel nulla.
Ero disperso alla ricerca di chissà che cosa, alla ricerca di chissà chi, forse di un volto, forse di un sorriso o forse semplicemente avevo bisogno di camminare per smaltire i pensieri di troppo, per lasciar correre la fantasia come si fanno correre i cani nel recinto, per cercare le parole giuste, per cercare qualcosa che non riuscivo a trovare nemmeno in me stesso.
Ho alzato lo sguardo, smettendo di fissare ciottoli e tombini e per un attimo mi sono guardato attorno.
Un’insegna sopra una vetrina mi ha fatto fermare.
Ho sorriso. E non ci ho pensato due vote ad entrare.
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