Questa lettera non l’ho scritta io. Un mio amico molto triste perché la relazione con la sua ragazza stava per dire la parola fine. Una lettera non destinata alla morosa in fuga. Ma alla vita. Una vita che senza la donna deve andare avanti. Senza tutte le coccole, gli abbracci e le esperienze vissute assieme. La vita stessa è un’esperienza che deve essere vissuta. Fino al tramonto, dove girandosi e osservando l’orizzonte per l’ultima volta si deve dire: muoio felice.
“Dolci, delicate, calde parole. Sussurrate, bisbigliate o scritte su stupidi bigliettini, intagliate nel legno di una panchina, non importa. Quel che importa è la bellezza che esse descrivono. E quando guardo i tuoi occhi, i tuoi cazzo di occhi, mi ci perdo in quella bellezza. Mi tocca abbassare lo sguardo per non essere imbarazzato, per non spaventarmi, per non intimorirmi davanti ad essi. E le parole sfumano come l’arcobaleno e non riesco nemmeno a balbettare una bestemmia. Allora ti abbraccio e ci affogo dentro quella bellezza. E naufragar m’è dolce in questo mare. Sprofondo sempre di più, sempre più in basso in quell’abisso, in quel sorriso, in quel volto che mi conturba l’anima. E allora cerco le parole, reggo il tuo sguardo e le trovo. Le trovo in un pugno di lettere. Un pungo sbattuto sul tavolo con le urla di un’imprecazione. Perché io vorrei urlarlo al mondo quanta bellezza c’è in te (e forse in noi), ma non riesco proprio a farmi capire. I pensieri corrono veloci, come i treni persi, treni aspettati per anni in aeroporti, quando la felicità era solo a due passi da casa. E allora mi direte che sono banale, che sono noioso e ripetitivo. Mi direte che lei è una qualunque nel mondo, e che le mie parole sono gettate al vento. Mi direte che dico cose già dette e ridette, ma ogni volta l’emozione di ripeterle è unica e irripetibile, ogni volta è una musica che mi pittura l’anima, di mille colori, Arlecchino di entusiasmi. Perché lei sta dando colore alla mia vita. Non riesco più a fare a meno delle sue mani calde sulle mie guance, del sapore dei baci e dei brividi lungo la schiena quando la vedo. Non ne posso più fare a meno. Non posso più fare a meno di scriverle queste parole, di sussurrarle, di ripetermele mentre cerco di addormentarmi. Non posso più fare a meno, e non riuscendo ad prendere sonno inizio a sognarla ad occhi aperti. E allora che fantastico di possederla, ma non come si possiede un corpo, bensì un’anima. Desidero rivederli quegli occhi, e rivederli ancora e morirci dentro. Desidero vederli splendere siderei, brillare come il fuoco nelle notti d’estate, quel fuoco davanti al quale baci alcolici confondono le cose, biscazzieri del destino. Desidero accarezzarla la sua anima come si accarezza un cucciolo che dorme, desidero abbracciarla ed essere avvolto come dal vento caldo del deserto che ti appiccica i vestiti alla pelle. Forse desidero perfino amarla, perché questi sentimenti non mi sono chiari. Perché ho in testa una burrasca dove il tempestare dei pensieri mi tormenta. Ma gli occhi. Quegli occhi. E quel sorriso. Vi verrebbe voglia anche a voi di morirci dentro. O Semplicemente di scriverle. Di scriverle dolci, calde e delicate parole”
Pensate a queste parole non indirizzate a una fanciulla. Ma alla stessa vita…
Chissà se questo stesso ragazzo dopo dieci o vent’anni o trent’anni scriverebbe lo stesso tipo di lettera. Sarei curiosa di avere più versioni nell’arco del tempo 😊
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Tra qualche anno chiederò al mio amico di scriverne un’altra! ;)
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