… et amo!

Uno sguardo.
Voi vi assomigliate terribilmente. Siete uguali. Stessi dettagli curati con un design simile tra di voi. Il vostro volto cambia solo per sfumature, centinaia di colori che vi dipingono le bellezze del profilo.
La pelle ruvida. Quasi piacevole da carezzare.
Un profumo. Un po’ secco, ma molto amato, tutto sommato gradevole.
Il nostro rapporto comincia così.
Con una carezza, con i miei occhi che apprezzano i dettagli, che sono quasi avidi di volerli vedere tutti. Li si vuole apprezzare, li si vuole scorrere, li si vuole amare.
Le mie mani ti impugnano. Ti afferrano quasi con impazienza.
Sì il momento che vivo con voi è così. Si vorrebbe scoprire tutto e subito ma al tempo stesso assaporare le mille e mille sfumature di una profonda bellezza, di ciò che si ama e che si desiderava da incredibilmente tanto tempo.
E così ci apriamo. Tu ti apri con me ma io mi apro con te.
La tua intimità diventa parte integrante della mia e viceversa. Viceversa. La parola che dice tanto ma veramente tanto di noi. Tu dici una cosa, io la penso. Io penso una cosa, tu la ripeti con parole tue, ma spesso la cambi. Ne cambi il finale. Il finale di una frase così bello da scoprire, così bello da vivere.
Ho fretta. Tu hai tranquillità.
E al contrario quando tu hai fretta vorrei che fosse tutto più tranquillo.
Ci si ama così. In quello che può essere un minuto o in quella che può essere una giornata.
E tu ti apri sempre di più. E io ti esploro. E io ti vivo.
E, e, e e e. Tutto così di corsa. Ma una corsa al rallentatore.
Colori.
Profumi.
Luci ed oscurità.
Freddo e caldo.
Persone, ricordi, amore, odio, fame, sete, noia, felicità. Tu mi dai tutto questo.
E io ti vivo con impazienza ma al tempo stesso vorrei assaporarti fino alla fine. Fino all’ultimo.
Tu mi prendi. E mi porti con te. Mi porti nel tuo mondo, mi porti su una spiaggia lontana, nel più profondo degli abissi o nel più magnifico universo parallelo. Mi presenti persone, storie, ricordi.
In pochi secondi sono tuo.
Ma tu sei parte di me.
A volte non mi piaci, ma ti voglio assaporare lo stesso.
A volte sei infantile, ma mi fai crescere.
A volte sei noia, ma fai decollare la fantasia.
E non sei solo te. Di te il mondo è infinito.
Io però mi affeziono. Alcuni nomi non me li tolgo dalla testa. Spesso il nome di tuo padre diventa un mio idolo.
Altre volte mi allontano.
E poi avete un lato stronzo.
Mi fate piangere.
Mi fate ridere.
Mi fate impazzire.
Ma decidete voi come farmi vivere.
Io sono innamorato di voi. E voi mi fate amare.
Non siete nulla di speciale ma siete tutto.
Siete i libri.
#GiornataMondialeDelLibro

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Così dicevano…

Così dicevano… il 2020 sarà il tuo anno!

Così dicevano… e io il primo gennaio festeggiavo come se fosse l’inizio di qualcosa di meraviglioso, qualcosa che ti lascia senza parole, qualcosa che dà un senso alla tua stessa vita. Ma il senso c’era già. C’era già il senso di aver intrapreso tanti nuovi percorsi, tanti nuovi progetti e di aver portato avanti quelli degli anni precedenti. Per me iniziava come una prova, dove l’obiettivo era dimostrare che quello che dicevano era corretto, che il 2020 sarebbe stato un anno bellissimo, un anno molto positivo. Così dicevano…

Così dicevano… ma poi un virus. Un virus che ha fermato l’intera umanità. E ha fermato anche me. Non mi ha contagiato, ma mi ha influenzato. Mi ha preso le giornate e le ha messe in garage, le ha messe in solaio, le ha messe in un posto dove il tempo si è fermato, dove il tempo ha tolto un senso al tempo stesso. Il tempo prosegue come una condanna in galera, prosegue come una condanna a non poter fare nulla, a sentirsi inutile, a sentirsi con la pena di dover aspettare la fine di un momento che non vorremmo fosse mai iniziato, di un momento che ci sta vietando di vederci, che ci sta vietando di incontrarci, di fare sport, di fare feste che ci sta vietando quasi di vivere. Questo non lo dicevano, non lo hanno mai detto…

Così dicevano… e io come tutti avevo grandi aspettative per il 2020. Sognavo di pubblicare un libro, sognavo di dare tanti esami all’università e perfino di entrare nell’ordine dei giornalisti. Sognavo di riprendere a fare turno in Croce Rossa, magari esagerando sognavo anche di trovare una ragazza che mi amasse e sognavo di vivere una vita migliore di quella degli anni prima, una vita piena di soddisfazioni, un momento magico. Mi avevano detto che avendo pazienza tutto sarebbe arrivato, che avendo pazienza piano piano si sarebbe realizzato tutto, un sogno dietro l’altro nella notte più magica. Ma adesso sto vivendo un incubo, l’incubo di avere tanti desideri e non poterli realizzare, l’incubo di vedere la gente soffrire, l’incubo di vedere il mondo in ginocchio davanti a quello che sicuramente sarà uno degli eventi più importanti di questo secolo. “Nel 2020 ci saranno eventi che non scorderete mai”. Così dicevano…

Dicevano tante cose… ma io come al solito non li ho ascoltati. Non ascolto mai. Non ascolto i consigli, i rimproveri, le dritte e tutto ciò che mi dicono per dimostrarmi il loro bene. Figuriamoci se ho ascoltato quello che dicevano su quest’anno. Io faccio sempre molta fatica ad ascoltare, faccio sempre molta fatica ad applicarmi. Eppure, tutti i giorni mi sveglio presto, faccio il mio dovere di studiare, di scrivere, si leggere e poi vado a letto. In questa quarantena ho riscoperto il piacere di prendere un caffè appena svegli senza fretta, ho riscoperto il piacere di fare colazione con i miei genitori, ho riscoperto il piacere di fare una bella doccia al mattino ma di quelle che durano anche parecchio che ti rilassano. Ho riscoperto il piacere di studiare, ma studiare con calma, leggere gli appunti, riscriverli e se non mi piacciono riscriverli ancora. Ho appreso il piacere di leggere un giornale andando a caccia di dettagli negli articoli, ho riscoperto il piacere di ascoltare una canzone decine e decine di volte di seguito e anche se il gesto non ha molto senso ti dà senso alla giornata. Ho riscoperto il piacere di scrivere. E di scrivere anche in dei momenti imprevedibili in momenti come adesso in cui dovrei fare tutt’altro, in momenti dove in passato mi annoiavo perché avevo tanto da fare ma senza un minimo di senso. Si riscoprono cose nella solitudine, si riscopre sé stessi, si riscopre la bellezza di una videochiamata su Skype come se fossimo distanti anni luce e magari siamo nello stesso quartiere e non possiamo vederci. Come dicevo hai la possibilità di riscoprire te stesso, di scoprire la bellezza della noia, la bellezza di poter leggere un romanzo e di viverlo come se ci fossimo dentro. Dall’inizio della quarantena ho scoperto tante cose, il valore aggiunto di coccolare il cane alla sera, il valore aggiunto di scrivere ad un amico che non sentivo da anni, il valore aggiunto di andare al piano di sotto a prendere un caffè da mia zia per poterla salutare, per poterle essere vicino anche nella sua noia. Ho riscoperto le bellezze di andare a letto presto, di leggere a letto, di mangiare un budino a merenda, di vedere un dvd che non vedevo da anni.
Nel buio della giornata, nel buio della quarantena ho riscoperto la persona di cui vado più fiero: me stesso.

Così dicevano… il 2020 sarà il tuo anno! Ci avevano preso!