Sei minuti all’alba

Mancano sei minuti all’alba.

Sei minuti e tutto sarebbe finito, sei minuti e niente più attesa, niente più viaggi mentali, niente più ansia.

Sei minuti. Sei minuti soltanto.

In sei minuti hai abbastanza tempo per vedere la tua vita scorrerti davanti, hai abbastanza tempo per visualizzare gli screen mentali che ti sei fatto per tutto questo tempo, per tutti questi anni. In questo breve, ma non brevissimo lasso di tempo puoi pensare a tutte le persone che ti sono state accanto, a tutti coloro che ti hanno amato e tutti coloro che hai amato tu. Puoi pensare ai climax della tua vita, ai momenti gloriosi che hai avuto e a quelli che questa esistenza l’hanno segnata.

Hai potuto mentire a tutti, raccontando balle ai tuoi parenti, hai potuto imbrogliare per anni i tuoi amici, anche con disinvoltura, hai potuto far credere di essere una persona essendo tutto l’opposto. Ma ad una persona non puoi mentire: a te stesso.

E mentre l’orologio scorre e fuori fa ancora buio, ma quel buio che precede l’alba, dove i contorni delle cose cominciano a farsi nitidi, cominci a vedere il profilo delle nuvole, a vedere la sagoma delle persone, a vedere le sfumature tendenti al rosa del cielo all’orizzonte con i primi raggi di sole, ancora troppo deboli per rendere tutto chiaro, tutto nitido.

E mentre attendi pensi.

Pensi a te stesso, a cosa significa per te vivere, al perché hai vissuto con così tanta grinta, con così tanto coraggio, con così tanto attaccamento alla vita. Pensi alla tua vita, quanto sia completa. Pensi ai rumori, ai suoni, ai profumi e soprattutto alle emozioni che questa vita hanno segnata. Pensi a tutti i successi e ai tuoi fallimenti. Pensi a quella canzone che per anni è stata la suoneria del tuo cellulare e che ha caratterizzato dei momenti sia magnifici sia da dimenticare, pensi alla prima volta davanti a un professore a spiegargli la lezione e la rapidità con cui ti ha bocciato, pensi al tuo primo bacio, alla tua prima volta al volante, alla tua prima volta con una ragazza…

Mentre attendi pensi alle persone. Alcune ti sono sfuggite. Scappate facendosi un’immagine di te totalmente sbagliata, completamente errata. Persone che hai amato e che  non hanno corrisposto queste emozioni, che non hanno saputo cogliere il bene che hai voluto loro e che anche in questo momento vuoi. E pensi a questo sentimento, a quanto sia puro e profondo come l’acqua cristallina nella sorgente più nascosta e ti rammarichi perché esso è sprecato, come l’acqua di quella sorgente che irriga il nulla. Ma poi pensi a loro, a quelle persone invece che hanno amato te. A coloro che ti sono sempre state vicine, che, anche se non te ne sei accorto, erano sempre pronte a sorreggerti nel momento del bisogno. Pensi a quante volte ti sei rialzato dopo essere inciampato, quante volte ti hanno aiutato a rialzarti, a quante volte ti hanno consolato, ti hanno sostenuto, ti hanno aiutato ad affrontare un problema… E tutto sommato pensi che questo sostegno a volte sia stato reciproco. Pensi che a volte con gesti che per te potevano essere scontati hai rallegrato una persona, hai strappato un sorriso, hai fatto una carezza al momento opportuno, hai baciato all’improvviso, hai urlato un saluto…

Pensi a quanto hai scritto, a quanto questo sia importante per te, a quanto sei scontato, ripetitivo, noioso. Eppure per te scrivere è di vitale importanza, è l’unica maniera di sentirti vivo, di lasciare una traccia in questo mondo che ci mastica e poi ci sputa, in questo mondo troppo affollato dove non siamo nulla di più che un nome all’anagrafe. Con i tuoi sciocchi scritti vuoi lasciare detto che anche tu ci sei stato, che anche tu hai vissuto, che anche tu hai avuto diritto ad un’anima oltre che al fragile corpo. E scrivi di sentimenti e vuoi descriverli perché solo rileggendoli ti convinci di averli provati veramente. Scrivi di emozioni, di piccoli momenti (come questo) dove capisci che in fondo la vita ha un senso. Scrivi per vantarti, perché in fondo sei un egoista e vuoi far vedere anche tu che la tua anima non è così superficiale come la fai apparire ma dentro di te nascondi tutto un mondo che solo un’altra anima può esplorare e che solo pochi meritano di conoscere.

Vorresti parlare con il te stesso del passato per dirgli che ne è valsa la pena e con il te stesso del futuro per sapere se ne varrà la pena, se i tuoi sogni si realizzeranno o rimarranno solamente le pagine del tuo sciocco diario a farne da cornice.

E tutte queste riflessioni ti escono dalla testa, dove la pressione di esse le fa fuoriuscire ad un’alta velocità, la stessa velocità con cui le dita pigiano i tasti della tastiera.

E tutto ciò in sei minuti.

E tutto ciò nell’attesa…

Dedicato a chi è in attesa, a chi ha pazienza e chi aspetta a lungo. A chi aspetta Godot e  a chi invece è nella attesa di qualcosa di importante. Ispirato ad una situazione realmente avvenuta, a una nottata di insonnia e alla canzone di Enzo Jannacci (che devo dire la verità non mi piace particolarmente) ma che ha ispirato questo testo.

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