La storia di Robin. Un sacchetto di plastica nella “Giornata mondiale senza sacchetti di plastica”

Robin è un sacchetto di plastica.

Sì, ha un nome, perché abita nel negozio “Robin Hood”, un minimarket di giocattoli per bambini. È un negozio molto grosso perché si trova vicino ad una delle più grandi spiagge Italiane, dove centinaia di bambini giocano, fanno castelli di sabbia, partite a Beach volley, serate tutti assieme davanti ad un fuoco e balli nella notte.

Oggi è il giorno di Robin.

Una ragazzina di 22 anni entra nel minimarket.
<Compro una paletta di plastica: io e il mio fidanzato faremo in spiaggia il castello dei nostri sogni>
<12 euro e 80 cent. Vuole anche un sacchetto?>
<Si grazie!>

Marta, la ragazza prende il sacchetto e il resto e corre da Giorgio il suo fidanzato. Non vede l’ora di baciarlo ancora, di costruire con lui un gioco che non faceva dall’infanzia, non vede l’ora di passare la notte con lui in spiaggia, tra baci e carezze davanti ad un falò al profumo di sale.

Marte corre. Arriva da Giorgio. Ma Robin le cade a terra. Quello che pensava fosse l’uomo della sua vita si sta baciando con una ragazzina bionda, più bassa e decisamente più brutta di lei. Marta scoppia a piangere e corre in spiaggia, non saluta nemmeno la compagnia di amici e si siede su uno scoglio, il più isolato possibile. Appoggia Robin vicino a lei e piange. Piange disperata perché il suo amato Giorgio l’ha tradita.

Poi si innervosisce. Prende la paletta di plastica dal sacchetto e la getta in mare con tutta la sua forza. Paletta che galleggia un po’ e poi annega. Vicino a lei è rimasto Robin. Marta apre la sua borsa. Vorrebbe avere una bottiglia con sé, ma non la ha. Prende un suo quaderno e scrive una lettera. Vorrebbe che finisse in una bottiglia di vetro e buttarla in mare, ma il vetro le manca.

Scrive.

Caro mare, mi chiamo Marta. E davanti a te ho vissuto la delusione più grossa della mia vita, il tradimento del mio amato, sono stata male, molto male. Chiunque legga questa lettera quando verrà trovata spero sia l’uomo della mia vita, che mi curi e mi insegni quanto sia bello il mondo. Anche in riva al mare!”

Marta poi mette i suoi dati, chiude il tutto dentro Robin e lo lancia in mare. Piangendo mentre lo vede affogare.

E da questo momento è la storia di Robin a fare “la vera e propria storia”.

Robin annega. I sacchetti di plastica anche loro pensano. Ha paura Robin, di passare la vita in mare, di passare la sua esistenza con quel biglietto nel cuore e facendo parte dell’inquinamento. Robin un po’ galleggia e un po’ affonda. Come lui il mare è pieno di sacchetti di plastica. Centinaia. Se non migliaia. Che arrivano dal vento, dalle navi, che vengono gettati dalle spiagge. Poi ci sono bottiglie di plastica, sacchetti, rifiuti vari, anche taniche di chissà quale materiale e Robin è schifato.

Lui si sente nobile portando un messaggio di una donna, ma tutto ciò che lo circonda gli fa schifo. Non si ricicla, non si consuma, ma viene mangiato da pesci, delfini e squali che poi muoiono soffocati dalla plastica. Robin è schifato da quanti suoi colleghi siano lì dentro, da il mondo che li usa per dei semplici trasporti, perché la plastica si usa per trasportare cose, finivano tutti lì, annidati in mare. Le bellezze della natura, i coralli, le conchiglie e le migliaia di animali marini che si trovavano sempre più in profondità erano sempre più circondati da plastica. Una plastica che non si decompone ma rilascia nell’acqua di mare tanti pezzettini che al posto del sale viaggiano per oceani interi.

La situazione è molto grave. Questo pensa Robin. Perché per lui vedere una barca affondata era quasi romantico, vedere ricordi del passato arenati in mare non lo trovava così sconcertante, ma ammirare una vera e propria discarica lo disgustava.

Robin pensa a quello che vede. La ragazza che aveva gettato il rifiuto in mare. Bottiglie, migliaia di bottiglie di plastica ovunque.

Ma la cosa che più lo faceva star male erano i sacchetti di plastica.

Alcuni pieni e alcuni vuoti.

I sacchetti, che per prendere il pane in negozio dovrebbero essere di carta, sacchetti che nei rifiuti biodegradabili dovrebbero essere biodegradabili anch’essi. Sacchetti che erano enormi, pieni di rifiuti perché i rifiuti si gettano nei sacchetti di plastica. Sacchi e sacchi di rifiuti quando il rudo (come lo chiamava Robin) dovrebbe essere riciclabile. E non in circolazione dentro un mare. Dovrebbe essere riutilizzato per evitare costi e consumi, dovrebbe essere usato fino all’ultimo per evitare sprechi. I sacchetti di plastica sono preziosi, pensava Robin, ma siamo troppi. Decine e decine nella spazzatura che viaggia nei mari, nelle foreste, sottoterra e sparsa per il mondo.

Robin sta pensando tutte queste cose quando una rete lo prende. E lo trascina verso l’alto. Un ragazzo lo afferra saldamente e lo lancia in una cisterna. E per Robin è il buio.

Robin si sveglia la mattina dopo. Il ragazzo sta dividendo i rifiuti nella cisterna mettendoli in scatole diverse. Vetro, plastica e barattolame. Bottiglie, sacchetti, giochi ma anche gomme di auto, rifiuti plastici e pezzi di automobili e mobili casalinghi sono lì vicino a lui.

Il ragazzo si chiama Matteo. Lo prende e lo sta per lanciare nel saccone più grande quando la sua vicina gli urla <Guarda cosa c’è dentro che ricicliamo anche quello>

Matteo apre Robin. E lo ricicla una volta per tutte.

Robin muore felice. E ora saprete il perché.

Matteo lesse il messaggio. Chiamò la ragazza e dopo neanche un mese la conobbe, la frequentò e i due si fidanzarono. Marta e Matteo.

Si vedevano spesso, ma non al cinema, non in discoteca, non in spiaggia.

Ma sempre al mare. Passavano i pomeriggi muniti di sacchetti di plastica per raccogliere i rifiuti che galleggiavano, per raccogliere quelli sott’acqua con una rete, per eliminare tutta la sporcizia che occupava il mondo. Si amavano davvero, ma amavano ancor di più la natura, la bellezza del creato, tanto che Matteo era così felice di essere utile e fidanzato al tempo stesso. Felice con quei baci dati in spiaggia, tra lui e Marta, con un sacchetto in mano e centinaia di rifiuti dentro.

Il tutto grazie a Robin. Il sacchetto che salvò migliaia di sacchetti.

Lascia un commento