Il discorso di Attilio

“Vi sono decine di termini, centinaia di vocaboli e migliaia di parole che chi pensa di amare si sconquassa di dosso. Apre l’ombrello e si ripara. Chiude le tapparelle. Serra gli infissi. Le rifugge. Rifiuta. Rigetta. Non le vuole proprio! Le prende e le butta via. Senza nemmeno fare la raccolta differenziata! Pretende solo un intercalare dolce e romantico. Sdolcinato. Smanceroso. Apprezza la banalità. Le solite frasi dette e ridette, simbolo di amori mediocri, superficiali, fisici e nient’altro. Se ami una persona ami la sua anima, non il suo culo. Dire “Sei bella, ti amo” è banale come prendere un hamburger da McDonald. A meno che lei sia brutta. In quel caso è vero amore. Poi parlare, parlare, parlare senza mai interrompersi, con il cuore che pulsa agitato, entusiasti di un lessico pieno di emozioni, di sensazioni, di aforismi letti sulle riviste. Letti su pagine e pagine Facebook che ti fanno un solo regalo: la noia. Ma proprio no! Queste cose vanno evitate. Dopo un bacio? Dopo una serata passata assieme? Dopo un regalo? Cosa vi è? La cosa più importante dell’amore: la quotidianità. Ho sceso dandoti il braccio un milione di scale. E le scendevo tutti i giorni. Solo la tua assenza mi fa capire che senza di te è il vuoto ad ogni gradino. L’amore è la quotidianità. Lavarsi i denti: è amore. Scongelare il pollo: è amore. Fare colazione assieme ancora insognati: è amore. Poi vi sono i desideri, i pensieri, le emozioni. Ma si basa tutto su gesti continui. Un favore. Un messaggio. Una lettera. Scrivere. L’amore è scrivere. Non vi è modo migliore di amare, di esplicare l’amore. Di dimostrarlo. Solo scrivendo io riesco ad amare. Ma non è facile scrivere. Le poesie d’amore poi vanno evitate. Sono le più difficili. Le puoi scrivere solo passati gli ottant’anni. Devi trovare le parole. Trovare i termini più decisivi nell’esprimere una relazione. Parole che identificano dettagli nascosti nella vostra vita. Termini che narrano della tua vita, raccontano i tuoi piccoli gesti, la tua routine. L’amore è routine. Non esiste una cosa più poetica dell’altra. Il mio ricordo d’amore preferito è il momento in cui stringevo la sua mano durante una passeggiata, di quando la baciavo mentre lei si addormentava, quando le davo un passaggio in macchina per tornare a casa. Sembrano cose romantiche. Non lo sono. Non vi è nulla di poetico in tutto ciò. Una mano fredda. Un bacio che dava fastidio, che svegliava. La mia macchina è vecchia e puzza di benzina. Ed erano gesti continui. Ripetuti all’ossessione. Ripetuti con amore. Perché la poesia non è fuori è dentro. La poesia non la puoi scrivere. La poesia sei tu. Nei tuoi gesti, nei tuoi sorrisi anche nel momento peggiore della giornata. Parole semplici. Che vanno vestite bene, decorate, adornate! Le parole vanno cercate, la bellezza inizia quando uno comincia a scegliere. Ed è scegliendo che ci si innamora. Chi non si innamora è morto! Quando si ha la consapevolezza di essere innamorati diventa tutto vivo, si muove tutto, si dilapida la gioia! Bisogna essere tristi e taciturni con esuberanza! Fare soffiare in faccia alla gente la felicità! Per trasmettere la felicità bisogna essere felici. E per trasmettere il dolore bisogna essere felici. Bisogna patire, stare male, soffrire, non abbiate paura a soffrire, tutto il mondo soffre. Condividere. Capire. Ascoltare. Solo allora si potrà amare. E questa è la bellezza!”

Ispirato al discorso di Attilio de “La tigre e la neve”. Un discorso da me mutato, personalizzato, infervorato. Nel suo discorso ho visto i miei pensieri. E ho messo i miei pensieri nel suo discorso.

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