Caro, ti ricordi…

Un ricordo. Per me molto significativo. Una lettera a mia mamma scritta tempo fa e ritrovata oggi nel mucchio degli incartamenti della mia vita. Una lettera che mi ha fatto capire molte, molte cose. Ma le conclusioni arriveranno dopo, nel finale. Un finale che ha sorpreso anche me.

“Cara mamma,
ti ricordi quando nelle calde serate d’estate correvamo in bici, tra le spighe gialle di grano e osservavamo il sole mentre pian piano il cielo imbruniva tra tutto quell’oro. Mi ricordo c’era anche papà, e correvamo con la brezza tra i capelli verso l’orizzonte lontano ed era bellissimo sentire le cicale che interrompevano la melodia al nostro passaggio. Ed era così bello correre e osservare le prime stelle apparire. Mi ricordo che eravamo circondati dalla natura dove ora sorgono degli edifici che rovinano tutto il paesaggio. Ora quei campi non esistono più, ora case, orrendi edifici dai camini fumanti che non lasciano spazio neanche ad una erbetta, neanche ad un leprotto. Quei campi, sede di numerosi incontri tra fagiani e leprotti sono spariti lasciando spazio solo al cemento. Mi ricordo gli altri campi e noi ridevamo senza pensieri costeggiando un edificio antico in rovina. Mi ricordo gli odori del grano e del terriccio umido e quel bel profumo di erba fresca. Ricordo anche il grano che ogni tanto scricchiolava sotto le ruote delle bici e la melodia degli uccellini interrotta dal canto del gufo. Una volta che avevo perso la borraccia della bici tu e papà eravate andati a cercarla. O le volte che andavamo lì per far volare l’aquilone. Il tempo pareva non scorrere mai. Questi ricordi non svaniranno mai.

Nicolò B.”

Allora… Non mi sono rincoglionito. Sarà un testo banale, scritto male, e nell’originale vi è pure qualche errore grammaticale. Perché l’ho riportato? Perché è un ricordo. Uno dei più cari della mia vita. Il mio blog sta diventando praticamente un diario dove racconto esperienze, fatti vissuti e ci metto pure della fantasia. Era il 2006. Avevo dieci anni. E scrissi queste parole. Un ricordo bellissimo. Che ci tengo a condividere su questo sito. A condividerlo con me stesso prima di tutto. Ricordo tutto. Era pomeriggio, al secondo piano di una scuola elementare nel bel mezzo di Parma. Non ricordo perché eravamo pochi in classe. Forse era la stagione delle influenze. Ricordo anche il giorno. Un giovedì. Avevamo il rientro, il pomeriggio da passare a scuola. La maestra ci diede un tema da fare. Ero già uno studente di merda: lo feci direttamente in bella, non sopportavo la brutta. Nella vita non esiste la brutta e la bella. Ma devi fare le cose direttamente al primo colpo. Comunque… scelsi il titolo del tema e mi misi a farlo. Scrivendo anche con attenzione…

Ricordo tutto. Non tanto quello che feci ma quello che mi passò per la testa. Mentre scrivevo vivevo le scene. Vivevo i giri in bicicletta, sentivo l’odore del grano, sentivo le ruote della bicicletta che scricchiolavano. Avevo perfino caldo anche se era febbraio. Vivevo. Vivevo quello che pensavo. E non al secondo piano di quella scuola elementare, non seduto al banco su quelle sedie verdi piuttosto scomode. Vivevo nel luogo dove i fatti erano avvenuti. Mi emozionai parecchio. Provai delle vere e proprie emozioni con la penna in mano. Era come se stessi vivendo in quello stesso momento ciò che pensavo…

Suonò la campanella.

Firmai il foglio e lo consegnai alla maestra.

Ero felice. Sono felice. Perché in quel momento a soli dieci anni capii cosa significava scrivere. Capii cosa voleva dire prendere a piene mani le emozioni, afferrarle, stringerle e metterle nero su bianco. Azzurro su bianco. Non tolleravo le penne nere.

Da quel giorno del 2006 non ho più smesso di scrivere. Ma sono solo all’inizio. Il cammino è appena iniziato. E oggi butto giù, stavolta nero su bianco, questo ricordo. Descrivendo le emozioni di quando scoprii cosa volesse dire emozionarsi.

La strada è ancora lunga.

Nata in quinta elementare.

E non si fermerà mai. Neanche quando sarò morto. Perché le parole che ho scritto saranno ancora vive, trasmetteranno emozioni, sentimenti, gioia e rabbia. Scrivere ti dà un senso di immortalità. Ti dà un senso alla vita. Ti dà lei stessa delle emozioni.

Sì, caro, mi ricordo…

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